Emanuela: «Le dita bianche sono un ricordo»
Hai presente quel momento in cui ti si ghiacciano le mani all’improvviso, le dita impallidiscono, pizzicano, formicolano… e qualsiasi cosa stessi facendo si ferma lì?
Per Emanuela, 56 anni, questo non era “un momento”: era la normalità. Oggi invece parla delle sue dita al passato:
“Sono tornate rosse, calde, irrorate. E soprattutto posso continuare le mie giornate senza interrompermi.”
Questo è il suo racconto.
Chi è Emanuela
Prima di tutto la persona. Emanuela vive una vita piena: un matrimonio lungo 25 anni, tre figli adottivi, tre cani e un gatto che spesso le girano intorno mentre parla. Ama la campagna, la natura, i lavori manuali. Dipinge, compone con i fiori, crea oggetti.
Professione? Da sempre in ambito sociale:
“Ho iniziato a 19 anni nelle comunità per bimbi appena nati e poi in quelle per adolescenti a rischio.”
Nel tempo ha dato forma a un progetto personale e oggi porta avanti l’associazione Pedagogia dell’Anima, lo stesso nome con cui è presente su Facebook.
Nel 2016 ha approfondito i percorsi di Pet Therapy con il suo cane, diventando responsabile di progetto, referente di intervento e coadiutore del cane.
Quando le mani dettano il ritmo della giornata
Chi usa le mani per lavoro — e per passione — lo sa: bastano pochi millimetri di precisione per fare bene una cosa. Ora, immagina di dover fermare tutto di colpo perché indice e medio della mano destra si congelano. Per Emanuela era così.
“Da anni soffrivo di episodi di Raynaud in cui le dita diventavano bianche, rigidissime. Se andava bene era “solo” formicolio. Altre volte, un dolore forte. Quando capitava, dovevo mollare quello che stavo facendo e aspettare che tornasse la circolazione. Non è facile organizzarsi così, soprattutto se ami i lavori minuziosi o se devi uscire con i cani e fa freddo.”
Le sue giornate, specialmente d’inverno, erano scandite da piccole sospensioni forzate:
“Facevo una cosa, la interrompevo, cercavo di riattivare le mani, riprendevo. Un continuo stop & go.”
L’incontro con un aiuto semplice (e portatile)
Arriva il consiglio di un’amica: provare i guanti fotochimici NOAcademy. Emanuela non è il tipo che si lega alle mode, ma condivide una caratteristica con chi lavora nel sociale: ascolta, prova, valuta.
“Ne ho presi due paia, uno nero e uno rosso. Me li hanno suggeriti per le dita bianche, mi sono detta: vediamo.”
La prima cosa che sottolinea non è la tecnica, ma la praticità:
“Li metto quando lavoro e quando esco con i cani. Sono senza dita, quindi posso muovermi, prendere cose piccole, scrivere, usare il telefono. E sì, sono anche fashion — non sembrano guanti per il dolore.”
La seconda, invece, è quella che le ha cambiato il ritmo delle giornate:
“Ho sentito un lieve calore diffondersi. Dopo un paio d’ore, tutto tornava normale. Il miglioramento è stato evidente già dalle prime volte: le dita non più bianche, ma rosse, vive.”
Il prima e il dopo di Emanuela
Prima: Emanuela stava sistemando una composizione floreale, teneva le dita molto piegate per lavorare con i gambi e i fili sottili. All’improvviso indice e medio destri si irrigidivano, si gonfiavano leggermente, diventavano bianchi. Dolore. Una pausa lunga e forzata.
“Quando succedeva, non le sentivo quasi più. E dovevo aspettare. E aspettare. E aspettare.”
Dopo: stesse composizioni, stesso banco da lavoro, ma con i guanti NOAcademy indossati.
“È come se la circolazione venisse stimolata; sento un calore leggero che passa attraverso le dita. Se il freddo tenta di bloccarle, non ci riesce allo stesso modo. E soprattutto non devo interrompere tutto. Posso finire un lavoro in un’unica sessione, senza tornare più volte sullo stesso punto.”
Per chi lavora con persone e animali, anche le uscite contano.
“Prima, portare fuori i cani in certe mattine significava tornare con le mani inutilizzabili per un po’. Ora invece rientro, le mani rispondono. E posso passare direttamente a un’altra attività.”
Dita che riprendono colore (e abitudini che riprendono spazio)
C’è un passaggio del suo racconto che rende l’idea, più di tante spiegazioni:
“All’inizio cercavo di beccare i segnali: appena sentivo il freddo nelle punte, mettevo i guanti. Poi ho iniziato a indossarli prima, per prevenire il Raynaud. È una piccola abitudine che mi ha liberato spazio mentale. So che, anche se arriva una folata gelida, non devo fermarmi a metà di quello che sto facendo.”
Emanuela parla di dita rosse con una soddisfazione che chi ha provato certe sensazioni capisce al volo:
“Sembra poco, ma guardare le mani e vederle bene irrorate, non più bianche e spente, ti dà fiducia. Ti fa venire voglia di fare cose, di programmare.”
“Li ho consigliati alle amiche”
La sua è una testimonianza lineare, concreta. Nessuna frase roboante, nessuna promessa: solo ciò che ha constatato su di sé. E proprio perché l’ha sentito sulla pelle, lo ha raccontato.
“Ho parlato dei guanti alle mie amiche. Alcune li hanno presi e mi hanno detto che si trovano benissimo. Per me contano i risultati nel quotidiano: nelle faccende, nel lavoro manuale, nelle passeggiate con i cani, nelle commissioni. Io ho trovato un aiuto e l’ho condiviso, come faccio con le cose che funzionano.”
Piccoli dettagli che fanno la differenza
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Due colori, due usi. “Ne ho presi due: neri e rossi. I neri li metto spesso quando lavoro o quando devo vestirmi in modo neutro. I rossi mi piacciono quando esco: danno un tocco in più. E comunque… mi diverte abbinarli.”
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Senza dita, per scelta. “Per me è fondamentale poter muovere le punte: prendere i fili, maneggiare i gambi, usare gli strumenti, agganciare il guinzaglio. I guanti senza dita sono stati la soluzione più pratica.”
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Indossarli presto, non tardi. “Ho imparato a non aspettare che le dita diventino bianche. Li metto prima, specie se so che starò all’aperto o farò lavori minuti per un po’.”
Un prima e dopo che si vede… dentro i gesti
C’è un’immagine che Emanuela descrive con semplicità:
“Prima stavo con le dita semipiegate a lungo e sentivo il rischio di blocco all’improvviso. Adesso quei momenti si sono fatti rari. Se arriva il freddo, la mano non collassa nello stesso modo. Sento che c’è circolazione, che c’è presenza.”
Non servono grafici per capirlo: bastano i gesti. Piccole azioni che prima si interrompevano e ora scorrono.
Il lato estetico (che non guasta)
Emanuela ci scherza su, ma il punto è serio:
“Il fatto che siano senza dita e ben fatti li rende anche belli. Non danno l’idea del dispositivo medico che ti fa sentire osservata. Li indossi e basta. E in più sono comodi da mettere e togliere.”
Nel suo modo di vedere, l’estetica non è un optional: è parte della vivibilità di un aiuto. Se qualcosa funziona ma ti fa sentire a disagio, smetti di usarla. Se funziona e ti fa sentire bene, diventa abitudine.
Il valore di una testimonianza onesta
Questa storia non nasce per convincere chiunque, ma per mettere in fila fatti vissuti. Emanuela non usa paroloni, non imposta percentuali, non parla di miracoli. Racconta: prima dita bianche, dolore, stop & go; dopo calore, colore, continuità.
Il suo percorso è tutto qui: ascoltare un consiglio, provare, integrare nella propria routine qualcosa di concretamente utile.
“Io posso dire solo questo: su di me hanno funzionato. Per questo li ho consigliati e per questo continuo a usarli.”
E domani?
Le chiedo cosa sogna “da grande”. Sorride:
“E chi lo sa! Mi piacerebbe aprire un laboratorio creativo, piccolo ma speciale, dove le persone possano venire, trovare un luogo un poco magico, creare una frase, una piccola storia… andare via con il ricordo di un bel momento e la voglia di tornare.”
È una risposta che le somiglia: concreta e poetica insieme. E oggi quel sogno ha una base più solida, molto pratica: mani che la seguono, senza ribellarsi.
Leggi la testimonianza di Anna Maria e di come ha risolto il suo problema alle mani, conseguenza del fenomeno di Raynaud, con un paio di guanti NOAcademy

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Se vuoi appronfondire il tema, puoi leggere l'articolo "Morbo di Raynaud: guanti per una soluzione innovativa"
Fascite plantare, leggi il nostro articolo sul nostro blog e su come possa essere risolto con un paio di solette bio funzionali NOAcademy

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